Il robot selvatico

LE RADICI DI UN ROBOT

#sopravvivere #mamma #nido #isola #amicizia #miti

La letteratura apre finestre su mondi possibili.

È possibile immaginare che un robot abbia delle radici e possa portare con sé una memoria di affetti famigliari? Roz, protagonista della storia, è una robot che va a sbattere contro lo scoglio di un’isola, dopo il naufragio della nave che trasportava lei e tante altre macchine come lei. È spenta, ma inavvertitamente alcuni animali premono un bottone e la accendono. Da quel momento Roz – che ci ricorda il dramma di Karel Capek R.U.R. (sigla di Rossumovi Univerzální Roboti dove si narra di macchine organiche che svolgono il lavoro faticoso, robota) – impara a sopravvivere nell’isola, conoscendo gli animali, partecipando ai conflitti e alle esigenze del branco.

Nella storia, Roz cresce un anatroccolo: diventa la sua mamma, lo adotta e lo protegge, per poi lasciarlo volare via, emigrare. Diventa capace di aiutare gli animali, e saprà farsi delle amicizie ed essere leale sfruttando la logica di una macchina. Durante la storia viene a un certo punto da chiedersi da dove venga Roz e a che punto sia la vita degli uomini sul pianeta terra. Che fine avranno fatto gli esseri umani?

Nel racconto non c’è presenza umana, e la macchina sembra nutrirsi di natura, costruendosi intelligentemente grazie all’osservazione della vita animale e vegetale, delle stagioni. Si suppone che Roz sia stato progettato da un uomo e dell’uomo, anzi dell’eroe, sembra aver acquisito diverse caratteristiche. Forse quest’isola è come Itaca, dove il robot è tornato per ridiventare umano, per cercare le proprie origini…

La storia narra di una ricerca di senso, che trova ancora una volta le proprie radici su un’isola in cui nascita e morte sono compresenti. I momenti più importanti, per Roz, sono caratterizzati da una battaglia contro la morte (costruire il rifugio, il nido, ripararsi) e per la vita, quando diventa mamma dell’anatroccolo.

Agli eroi capita di partire e di superare gli ostacoli per crescere. Annika, Russ, Zed, Rubra e Roz vanno alla radice della propria storia, sulla propria isola, per trovare la loro vita.

SUGGERIMENTI

 Ipotesi e strategie

Quando naufraga e approda sull’isola, ci si domanda come potrà sopravvivere. Immaginando di approdare su un’isola, quali sono i bisogni più urgenti? Lo si può chiedere anche agli allievi. L’uomo ha bisogno di acqua, cibo, riparo. Il robot non beve e non mangia. Come fa ad essere acceso e a non scaricarsi? Si può lavorare sulle ipotesi, dopo aver letto le prime pagine, scoprendo in seguito quali sono le strategie che ROZ trova per vivere sull’isola.

L’isola ideale (come i desideri dell’albero)

Stimolerei gli allievi e li aiuterei anche a inventare la propria isola ideale:

– disegnandola;

– descrivendola prima oralmente (aiutando i bambini a strutturare la descrizione e a scegliere le parole in un allenamento a coppie);

descrivendola infine in forma scritta. Nella struttura del testo descrittivo si possono dare delle indicazioni.

Ogni allievo immagina di svegliarsi sulla spiaggia perché è sopravvissuto ad un naufragio. Scopre di essere in un luogo sconosciuto e inizia ad esplorarlo, scoprendo il territorio. Sente gli odori, ascolta i rumori, vede l’ambiente, incontra animali o forse anche delle case, oppure bestie feroci, mostri, asini, nani. Li tocca, forse ci parla. In un lavoro di scrittura come questo (che passa prima dall’allenamento orale) si pone l’accento sulla scelta lessicale e su può lavorare sugli aggettivi. Costruire la propria isola significa ragionare sui propri bisogni, su chi e su cosa hai bisogno nel “TUO” mondo di bambino.

BIBLIOGRAFIA

PETER BROWN (2018), Il robot selvatico. Milano: Salani